I gruppi culturali si differenziano non solo per costumi e tradizioni, ma anche per i loro valori. Ogni cultura nazionale assegna una maggiore o minore importanza al collettivo rispetto all'individuale, alla libertà rispetto all'obbedienza e alla fede rispetto allo scetticismo. Comprendere queste differenze è diventato un obiettivo centrale nello studio scientifico della cultura, poiché i valori sociali hanno un impatto sui conflitti internazionali, sul clima economico e sulle leggi. Gli studi mirano a identificare le origini storiche delle differenze culturali nell’ambito dei valori e di stimare come i questi si siano evoluti diversamente da una cultura all’altra in epoca moderna. Una delle domande di ricerca fondamentali è se i valori sociali delle diverse culture stiano convergendo o divergendo. La globalizzazione e l'imperialismo hanno uniformato molti aspetti della cultura, tra cui la lingua e la religione. Nella storia recente, anche i valori tendono a convergere tra le diverse culture, o rappresentano invece un'area di crescente divergenza culturale?
Le tradizionali teorie della modernizzazione prevedevano una convergenza dei valori sociali. Ispirati dalle filosofie di Marx e Hegel, i teorici della modernizzazione suggerivano che la fine della Guerra Fredda e l'ascesa della globalizzazione avrebbero catalizzato la diffusione mondiale di una “civiltà universale” con valori liberali e individualizzanti che enfatizzano il primato dei diritti e delle libertà personali. Altri hanno suggerito che la diffusione globale dell'industrializzazione avrebbe abbattuto la cultura tradizionale e l'avrebbe sostituita con strutture e valori di classe “moderni”. Queste prospettive condividono il presupposto di una modernizzazione unilineare: la tecnologia moderna e la globalizzazione porterebbero le culture mondiali ad assomigliare sempre di più alle nazioni occidentali democratiche.
Gli studiosi sono diventati più scettici nei confronti di queste teorie a mano a mano che sono emersi in tutto il mondo, nel corso del XXI secolo, sempre più conflitti culturali. Questo periodo ha visto quindi nascere nuovi modelli teorici, compatibili in varia misura con le teorie più vecchie. La tesi postmaterialista di Inglehart suggerisce che la globalizzazione da sola non porta alla convergenza culturale, ma che lo sviluppo economico in particolare induce un passaggio da valori che privilegiano l'obbedienza al gruppo a valori che privilegiano l'espressione di sé e l'autonomia individuale. Welzel ha definito questi ultimi come valori “emancipativi” e ha proposto un processo di “empowerment umano” in cui la ricchezza e la sicurezza incoraggiano le culture a sposare valori più emancipativi, che a loro volta favoriscono la democrazia partecipativa. I valori emancipativi presentano una sovrapposizione concettuale e una correlazione statistica con i valori individualizzanti. Entrambi enfatizzano l'autonomia e i bisogni dell'individuo rispetto a quelli del gruppo. La tesi postmaterialista riprende quindi l'assunto che la convergenza culturale andrà intrinsecamente nella direzione dell'individualismo occidentale, ma aggiunge l'avvertenza che questa convergenza richieda prosperità economica e sicurezza finanziaria.
Altre teorie si sono distaccate ulteriormente dalle teorie della modernizzazione. La tesi delle modernità multiple di Eisenstadt proponeva che lo sviluppo economico non fosse una forza occidentalizzante, ma che avrebbe avviato le culture nazionali su percorsi unici verso la modernizzazione. In modo simile, Tomlinson sosteneva che la globalizzazione avrebbe stimolato i paesi in via di sviluppo a costruire e rafforzare attivamente identità nazionali distinte piuttosto che a occidentalizzarsi. Huntington si è spinto oltre, prevedendo che la globalizzazione post-Guerra Fredda avrebbe portato a una recrudescenza delle divisioni culturali basate sulle differenze religiose e linguistiche associate alle civiltà storiche.